Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 28 aprile 2022 – Ricorso n. 15566/13 e altri 5 – Termine ragionevole • Durata eccessiva dei procedimenti compresa tra nove e ventiquattro anni

Ago 31, 2022 | Ricorsi Corte Europea | 0 commenti

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

PRIMA SEZIONE

CAUSA VERRASCINA E ALTRI c. ITALIA
(Ricorso n. 15566/13 e altri 5 si veda l’elenco allegato alla presente sentenza))

SENTENZA

Art 35 § 1 • Esaurimento delle vie di ricorso interne • Il ricorso previsto dalla legge Pinto a seguito della riforma, nel 2012, dell’articolo 4 di detta legge e fino alla sentenza della Corte costituzionale del 2018, non è un ricorso effettivo ai sensi dell’art 13

Art 6 § 1 (civile) • Termine ragionevole • Durata eccessiva dei procedimenti compresa tra nove e ventiquattro anni

STRASBURGO

28 aprile 2022

Questa sentenza è definitiva. Può subire modifiche di forma.

Nella causa Verrascina e altri c. Italia,
La Corte europea dei diritti dell’uomo (prima sezione), riunita in una Camera composta da
Marko Bošnjak, presidente,
Péter Paczolay,
Alena Poláčková,
Erik Wennerström,
Raffaele Sabato,
Lorraine Schembri Orland,
Davor Derenčinović, giudici,
e da Renata Degener, cancelliere di sezione,
Visti i ricorsi (nn. 15566/13 e altri 5 ricorsi) proposti contro la Repubblica italiana da sedici cittadini di questo Stato («i ricorrenti»), i cui nomi sono riportati nell’allegato alla presente sentenza, i quali hanno adito la Corte ai sensi dell’articolo 34 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali («la Convenzione») nelle date indicate nella tabella allegata,
Vista la decisione di portare a conoscenza del governo italiano («il Governo») le doglianze relative alla eccessiva durata dei procedimenti interni intentati dai ricorrenti e all’effettività del ricorso previsto dall’articolo 4 della legge n. 89 del 2001, e di dichiarare i ricorsi irricevibili per il resto,
Viste le osservazioni delle parti,
Dopo avere deliberato in camera di consiglio il 22 marzo 2022,
Emette la seguente sentenza, adottata in tale data:

INTRODUZIONE

1. I ricorsi riguardano l’eccessiva durata del procedimento e la possibilità di proporre un ricorso risarcitorio unicamente a decorrere dalla data in cui la decisione finale emessa nell’ambito del suddetto procedimento diviene definitiva.

IN FATTO

2. Le informazioni personali relative ai ricorrenti sono riportate nell’allegato alla presente sentenza. Gli interessati sono stati rappresentati da avvocati diversi (si veda l’allegato).

3. Il Governo è stato rappresentato dal suo agente, L. D’Ascia, avvocato dello Stato.

4. Gli elementi essenziali dei procedimenti nei quali i ricorrenti erano coinvolti sono indicati nella tabella allegata alla presente sentenza.

5. Nel 2012, in seguito all’entrata in vigore della legge n. 134 del 2012, la legge n. 89 dell’8 marzo 2001, detta «legge Pinto», è stata modificata. In particolare, l’articolo 4, nella sua nuova formulazione, prevedeva la possibilità di presentare una domanda di equa riparazione per qualsiasi danno causato dalla eccessiva durata di un procedimento a decorrere dalla data in cui la decisione che concludeva tale procedimento diveniva definitiva.

Alla data di presentazione dei ricorsi dinanzi alla Corte, i rispettivi procedimenti interni erano pendenti (si veda la tabella allegata alla presente sentenza).

IL QUADRO GIURIDICO E LA PRASSI INTERNI PERTINENTI

6. La legge n. 89 del 2001, detta «legge Pinto», ha introdotto nel sistema giuridico italiano un ricorso risarcitorio esperibile da chiunque abbia subìto un danno causato dall’eccessiva durata di un procedimento giudiziario. In seguito, la legge Pinto è stata modificata nel 2012 (decreto-legge n. 83 del 2012 convertito dalla legge n. 134 del 2012) e nel 2015 (articolo 1, comma 777, della legge n. 208 del 2015).

Il testo iniziale dell’articolo 4 della legge Pinto era così formulato:

Articolo 4 – Termine e condizioni di proponibilità

«La domanda di riparazione può essere proposta durante la pendenza del procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata, ovvero, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione, che conclude il medesimo procedimento, è divenuta definitiva.»

Nel 2012 l’articolo 4 è stato modificato come segue:

«La domanda di riparazione può essere proposta, a pena di decadenza, entro sei mesi dal momento in cui la decisione che conclude il procedimento è divenuta definitiva.»

L’articolo 1 ter della legge Pinto, introdotto nel 2015, disciplina i ricorsi di natura preventiva volti ad accelerare il procedimento. Il comma 7 del suddetto articolo prevede che «7. [r]estano ferme le [altre] disposizioni che determinano l’ordine di priorità nella trattazione dei procedimenti .»

7. La Corte costituzionale, nella sua sentenza n. 30 del 2014, respinse la questione della legittimità costituzionale del nuovo articolo 4. Richiamando le sentenze Cocchiarella c. Italia ([GC], n. 64886/01, CEDU 2006 V) e Robert Lesjak c. Slovenia (n. 33946/03, 21 luglio 2009), la suddetta Corte affermò, tuttavia, che il differimento della presentazione della domanda di riparazione alla fine del procedimento nel quale si era verificato il ritardo aveva un impatto sull’effettività del ricorso in questione. La Corte costituzionale, basandosi su questa constatazione, invitò il legislatore ad adottare delle misure «per raggiungere un fine costituzionalmente necessario» e, allo stesso tempo, sottolineò che il protrarsi dell’inerzia del potere legislativo non poteva essere tollerato.

8. Quattro anni dopo, la Corte costituzionale, nella sentenza n. 88 del 2018 (pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 2 maggio 2018), dichiarò l’incostituzionalità dell’articolo 4. In questa decisione, la Corte costituzionale esaminò alcuni elementi della riforma del 2015. In particolare, rammentando i principi enunciati nella sentenza Olivieri e altri c. Italia (n. 17708/12 e altri 3, 25 febbraio 2016), dichiarò che i ricorsi di natura preventiva presentati nel 2015 non avevano alcun effetto reale sullo svolgimento del procedimento, dal momento che, da un lato, i giudici non avevano alcun obbligo di accelerare il procedimento, e, dall’altro, la legge Pinto prevedeva espressamente che l’ordine di priorità nella trattazione delle cause, determinato da altre disposizioni, non era modificato dal ricorso preventivo presentato dal richiedente. La Corte costituzionale affermò, quindi, che il rimedio risarcitorio era l’unico ricorso disponibile, e che obbligare l’interessato a dover attendere la conclusione del procedimento «significava sovvertire la ratio per la quale [il ricorso] era stato concepito», e ciò era incompatibile con la Costituzione.

I DOCUMENTI INTERNAZIONALI PERTINENTI

9. Nel corso della riunione dei ministri delegati dal 4 al 6 dicembre 2012, il Comitato dei Ministri ha adottato una decisione (CM/Del/Dec(2012)1157) nella quale ha rilevato «con preoccupazione che alcune recenti modifiche apportate alla legge Pinto, che subordinano l’accesso alla via di ricorso prevista da questa legge alla conclusione definitiva del procedimento principale, (…) potrebbero sollevare delle questioni di compatibilità con le esigenze della Convenzione e con la giurisprudenza della Corte in materia di efficacia delle vie di ricorso e di criteri di indennizzo».

IN DIRITTO

I. RIUNIONE DEI RICORSI

10. Tenuto conto della similitudine dei ricorsi per quanto riguarda il loro oggetto, la Corte ritiene opportuno esaminarli congiuntamente in una sola sentenza.

II. SULLA DEDOTTA VIOLAZIONE DEGLI ARTICOLI 6 § 1 E 13 DELLA CONVENZIONE

11. I ricorrenti lamentano l’eccessiva durata dei procedimenti condotti dinanzi alle giurisdizioni interne (si veda la tabella allegata alla presente sentenza). Essi invocano l’articolo 6 § 1 della Convenzione che, nei passaggi pertinenti, è così formulato:

«Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata (…) entro un termine ragionevole, da un tribunale (…) il quale sia chiamato a pronunciarsi (…) sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile (…).»

12. Essi lamentano, inoltre, che a seguito della modifica apportata nel 2012 alla legge Pinto, il ricorso previsto dall’articolo 4 di tale legge non era più effettivo ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione, così formulato:

«Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella (…) Convenzione siano stati violati, ha diritto a un ricorso effettivo davanti a un’istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell’esercizio delle loro funzioni ufficiali.»

A. Sulla ricevibilità

13. Il Governo afferma che i ricorrenti non hanno soddisfatto l’esigenza dell’esaurimento delle vie di ricorso interne. Basandosi sulla giurisprudenza consolidata della Corte, il Governo argomenta che il ricorso previsto dalla legge Pinto è stato sempre considerato un ricorso effettivo, e sostiene inoltre che, a seguito dell’adozione della sentenza del 2018 emessa dalla Corte costituzionale (paragrafo 8 supra), gli interessati potevano presentare nuovamente dinanzi al giudice competente un ricorso risarcitorio durante il procedimento principale o dopo la conclusione dello stesso.

14. I ricorrenti affermano che non erano tenuti ad esperire un tale ricorso, non più effettivo da quanto è intervenuta la riforma del 2012 (paragrafo 6 supra), che avrebbe impedito loro di ottenere una riparazione per il danno subìto, causato dalla durata del procedimento che, al momento in cui sono stati presentati i ricorsi, era già eccessiva.

15. La Corte considera che l’eccezione di mancato esaurimento delle vie di ricorso interne sollevata dal Governo è strettamente collegata a quella relativa all’esistenza di un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione (Olivieri e altri, sopra citata, § 35, con la giurisprudenza ivi citata). Pertanto, essa decide che tale eccezione sarà esaminata unitamente alla fondatezza del ricorso in base all’articolo 13, tenuto conto delle strette affinità che presentano gli articoli 35 § 1 e 13 della Convenzione (Kudła c. Polonia [GC], n. 30210/96, § 152, CEDU 2000-XI).

16. Constatando che i ricorsi non sono manifestamente infondati né irricevibili per uno degli altri motivi di cui all’articolo 35 della Convenzione, la Corte li dichiara ricevibili.

B. Sul merito

1. Sull’esaurimento delle vie di ricorso e sulla dedotta violazione dell’articolo 13 della Convenzione

a) Principi generali

17. La Corte rinvia ai principi stabiliti nella sentenza Olivieri e altri (sopra citata, §§ 39-47). In particolare, essa rammenta che, per essere considerato effettivo, un ricorso deve poter porre direttamente rimedio alla situazione denunciata, e presentare ragionevoli prospettive di successo (ibidem, § 43). Per quanto riguarda la durata del procedimento, i ricorsi di cui dispone un soggetto a livello interno sono «effettivi», ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione, quando permettono di far intervenire in maniera più celere la decisione dei giudici aditi o di fornire all’interessato una riparazione adeguata per i ritardi già subiti (Kudła, sopra citata, § 159, e Vassilios Athanasiou e altri c. Grecia, n. 50973/08, § 54, 21 dicembre 2010).

18. Essa rammenta anche di avere affermato ripetutamente che il miglior rimedio, in assoluto, è, come in molti ambiti, la prevenzione (si veda, tra altre, Cocchiarella [GC], § 74, sopra citata). Tuttavia, è anche evidente che, per i paesi in cui esistono già violazioni legate alla durata dei procedimenti, un ricorso volto unicamente ad accelerare il procedimento, sebbene auspicabile per il futuro, può non essere sufficiente per riparare una situazione in cui è evidente che il procedimento si è già protratto per un periodo eccessivo (ibidem, § 76).

b) Applicazione di questi principi nel caso di specie

19. Senza anticipare l’esame della questione se vi sia stato o meno superamento del termine ragionevole, la Corte ritiene che la doglianza dei ricorrenti, riguardante la durata dei procedimenti nei quali erano coinvolti, costituisca prima facie un motivo di ricorso «difendibile». I procedimenti in questione, infatti, sono durati da nove a più di ventiquattro anni (si veda la tabella allegata alla presente sentenza). Gli interessati avevano dunque diritto a un ricorso effettivo a questo riguardo (Sürmeli c. Germania [GC], n. 75529/01, § 102, CEDU 2006 VII, e Olivieri e altri, sopra citata, §48).

20. Nelle loro osservazioni, i ricorrenti rammentano che, al momento della presentazione di ciascuno dei ricorsi, i procedimenti avevano già ampiamente superato il termine ragionevole. Essi ritengono dunque che il divieto, previsto dall’articolo 4 della legge Pinto, di presentare una domanda di equa riparazione prima della conclusione del procedimento principale, avrebbe reso questo ricorso non effettivo.

21. Il Governo contesta questa tesi, e afferma che, con la legge n. 134 del 7 agosto 2012, il legislatore italiano ha effettivamente optato per una serie di ricorsi più limitata, ma che, con la sentenza del 2018 della Corte costituzionale, il testo iniziale dell’articolo 4 della legge Pinto è divenuto nuovamente applicabile (paragrafo 6 supra).

22. Il Governo fa inoltre presente che i principi derivanti dalla sentenza Robert Lesjak (sopra citata) non sarebbero applicabili nel caso di specie, in quanto tale sentenza riguarderebbe soltanto il ricorso volto ad accelerare il procedimento.

23. La Corte osserva anzitutto che l’articolo 4 della legge Pinto risultante dalla riforma del 2012 è la disposizione applicabile ratione temporis alle presenti cause. La disposizione in questione subordinava la possibilità di presentare un ricorso risarcitorio per qualsiasi danno causato dalla durata eccessiva di un procedimento al momento in cui la decisione finale diveniva definitiva. In risposta all’osservazione del Governo relativa agli effetti della sentenza della Corte costituzionale del 2018 (paragrafo 21 supra), la Corte osserva che i presenti ricorsi sono stati presentati tra il 2013 e il 2015, ben prima della decisione suddetta. Pertanto, nelle presenti cause, la Corte non esaminerà l’effettività dell’articolo 4 alla luce della sentenza della Corte costituzionale del 2018.

24. La Corte rammenta di avere affermato che l’«effettività» di un «ricorso» ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione non dipende dalla certezza di un esito favorevole per il ricorrente (Kudła, sopra citata, § 157), e che il semplice fatto di nutrire dei dubbi sulle prospettive di successo di un determinato ricorso che non è evidentemente destinato ad avere esito negativo non costituisce un motivo valido per giustificare il mancato esperimento di ricorsi interni (Akdivar e altri c. Turchia, 16 settembre 1996, § 71, Recueil des arrêts et décisions 1996 IV).

25. Tuttavia, la Corte considera che, nel caso di specie, la disposizione contestata non lasciava alcun dubbio sull’assenza di prospettive di successo del ricorso e sull’esito negativo di un’eventuale domanda di equa riparazione presentata prima della conclusione del procedimento principale. Essa rammenta che la Convenzione deve essere interpretata e applicata in maniera da garantire dei diritti concreti ed effettivi.

26. La Corte precisa anche che la violazione del diritto a un processo entro un termine ragionevole implica una situazione continuativa, e che il protrarsi del procedimento in questione può causare, a carico del ricorrente, dei disagi notevoli e un’incertezza prolungata. Pertanto, quando ritiene che la durata del procedimento sia stata eccessiva, un ricorrente deve avere la possibilità di chiedere riparazione dinanzi ai giudici interni in qualsiasi momento del procedimento principale (si veda, mutatis mutandis, Di Sante c. Italia, n. 32143/10, § 16, 27 aprile 2017).

27. Inoltre, la Corte osserva che, poco tempo dopo la riforma del 2012 della legge Pinto, la questione dell’effettività del ricorso risarcitorio è stata sollevata, inizialmente lo stesso anno dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa (paragrafo 9 supra), e poi nel 2014 dalla Corte costituzionale, che ha invitato il legislatore a modificare l’articolo 4 della legge Pinto (paragrafo 7 supra). Nel 2018, dopo aver constatato l’inerzia del Parlamento, quest’ultima ha dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 4 della suddetta legge.

28. Per quanto riguarda l’interpretazione fatta dal Governo della sentenza Robert Lesjak (paragrafo 22 supra), la Corte considera che tale interpretazione non tenga conto della parte della sentenza in questione dedicata al ricorso risarcitorio (ibidem, §§ 47-53). In detta sentenza, la Corte ha rammentato che la questione di un accesso ragionevolmente rapido al ricorso risarcitorio potrebbe incidere sull’efficacia dello stesso. Pertanto, essa ha ritenuto indispensabile che un procedimento, che è già stato lungo, sia definito rapidamente dopo l’esaurimento delle vie di ricorso accelerate. Del resto, la Corte osserva che, nella sua sentenza del 2014, la Corte Costituzionale si è basata sugli stessi passaggi della sentenza Robert Lesjak per concludere che il ricorso risarcitorio non disponeva di un carattere effettivo (paragrafo 7 supra).

29. Ad abundantiam, la Corte osserva che i rimedi di natura preventiva volti ad accelerare il procedimento sono stati introdotti dalla legge Pinto soltanto nel 2015, e dunque tre anni dopo la riforma del 2012 (paragrafo 6 supra). A proposito di questo tipo di ricorsi, la Corte rammenta che si è trovata varie volte a giudicare l’effettività di un rimedio acceleratorio (Olivieri e altri, sopra citata, §§ 53 e 60, e Mirjana Marić c. Croazia, n. 9849/15, §§ 72-81, 30 luglio 2020). Essa ha riconosciuto al rimedio preventivo un carattere «effettivo» quando tale ricorso permette di accelerare la decisione sulla causa di cui il tribunale è investito e prevede condizioni volte a garantire l’esame di una tale domanda da parte delle autorità giudiziarie adite. Per quanto riguarda i ricorsi presentati nel 2015, la Corte rinvia alla constatazione fatta dalla Corte costituzionale. Nella sua sentenza del 2018, quest’ultima ha affermato che i rimedi di natura preventiva introdotti dalla legge Pinto non hanno alcun effetto reale sullo svolgimento del procedimento, dato che le giurisdizioni non hanno un obbligo di accelerare il procedimento, ma semplicemente la facoltà di farlo, e che, come indicato dall’articolo 1ter della stessa legge, l’ordine di priorità nella trattazione dei procedimenti, determinato da altre disposizioni di legge, non viene modificato dai rimedi preventivi in questione (paragrafo 6 supra).

30. Alla luce di quanto sopra esposto, la Corte ritiene che il ricorso previsto dalla legge Pinto, a seguito della riforma del 2012 dell’articolo 4 della legge sopra citata e fino alla sentenza della Corte Costituzionale del 2018 (paragrafi 8 e 23 supra), non possa essere considerato un ricorso effettivo ai sensi dell’articolo 13 della Convenzione. È dunque opportuno respingere l’eccezione di mancato esaurimento sollevata dal Governo e concludere che vi è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione.

2. Sulla dedotta violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione

31. Il carattere ragionevole della durata di un procedimento deve essere valutato alla luce delle circostanze di causa, e tenendo conto dei seguenti criteri: la complessità della causa, il comportamento del ricorrente e quello delle autorità competenti, nonché la posta in gioco della controversia per l’interessato (si vedano, tra molte altre, Cocchiarella [GC], § 68, sopra citata, e Frydlender c. Francia [GC], n. 30979/96, § 43, CEDU 2000 VII).

32. Per quanto riguarda la durata dei procedimenti dinanzi ai giudici interni, la Corte rinvia alla tabella allegata alla presente sentenza. La durata variabile di tali procedimenti, compresa tra nove e ventiquattro anni, è eccessiva e non risponde al requisito del «termine ragionevole» previsto dall’articolo 6 § 1.

33. Pertanto, vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione.

III. SULL’APPLICAZIONE DELL’ARTICOLO 41 DELLA CONVENZIONE

34. Ai sensi dell’articolo 41 della Convenzione,

«Se la Corte dichiara che vi è stata violazione della Convenzione o dei suoi Protocolli e se il diritto interno dell’Alta Parte contraente non permette se non in modo imperfetto di rimuovere le conseguenze di tale violazione, la Corte accorda, se del caso, un’equa soddisfazione alla parte lesa.»

A. Danno

35. La Corte constata che le osservazioni dei ricorrenti relative al ricorso n. 60961/15, contenenti anche la loro domanda di equa soddisfazione, sono state presentate tardivamente, che non è stata richiesta alcuna proroga prima della scadenza del termine fissato, e che non è stata fornita alcuna motivazione per giustificare il ritardo in questione. Pertanto, la Corte ha deciso, in applicazione dell’articolo 38 § 1 del suo regolamento, di non inserire tali osservazioni nel fascicolo ai fini del loro esame.
36. Per quanto riguarda gli altri ricorsi, i ricorrenti chiedono delle somme per il danno materiale e per il danno morale che ritengono di avere subìto, indicate nella seguente tabella:
 

N.N. del ricorsoRichieste per danno materiale e/o morale
1.15566/1350.000 euro (EUR)
2.4030/141.000.000 EUR
3.17336/1445.000 EUR
4.10767/15Il ricorrente si affida al giudizio della Corte
5.21564/1531.500 EUR


37. Il Governo contesta tali pretese.

38. La Corte non vede alcun nesso di causalità tra la violazione constatata e il danno materiale addotto da alcuni ricorrenti, e respinge dunque la domanda formulata in tal senso. Essa accorda invece per danno morale, per ciascun ricorso, le somme indicate nella seguente tabella, più l’importo eventualmente dovuto sulle stesse a titolo di imposta:

N.N. del ricorsoSomma accordata per danno morale per ciascun ricorso
1.15566/1322.000 EUR
2.4030/1411.000 EUR
3.17336/1420.000 EUR
4.10767/1517.000 EUR
5.21564/1518.200 EUR


B. Spese

39. I ricorrenti chiedono, per le spese che hanno sostenuto nell’ambito del procedimento condotto dinanzi alla Corte:

  1. per il ricorso n. 15566/13, la somma di 9.920 EUR;
  2. per il ricorso n. 17336/14, la somma di 4.000 EUR;
  3. per il ricorso n. 21564/15, la somma di 3.500 EUR.

I ricorrenti che hanno presentato i ricorsi n. 4030/14 e n. 10767/15 si affidano al giudizio della Corte.

40. Il Governo contesta tali richieste.

41. Secondo la giurisprudenza della Corte, un ricorrente può ottenere il rimborso delle spese sostenute solo nella misura in cui ne siano accertate la realtà e la necessità, e il loro importo sia ragionevole. Nella fattispecie, tenuto conto dei documenti in suo possesso e dei criteri sopra menzionati, la Corte accoglie la domanda di rimborso delle spese presentata nell’ambito del ricorso n. 15566/13, e respinge le altre domande. Per quest’ultimo ricorso, alla luce dei documenti forniti, la Corte ritiene ragionevole accordare al ricorrente la somma di 3.000 EUR per il procedimento condotto dinanzi ad essa, più l’importo eventualmente dovuto a titolo di imposta su tale somma.

C. Interessi moratori

42. La Corte ritiene opportuno basare il tasso degli interessi moratori sul tasso di interesse delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea maggiorato di tre punti percentuali.

PER QUESTI MOTIVI LA CORTE, ALL’UNANIMITÀ,

  1. Decide di riunire i ricorsi;
  2. Unisce al merito della doglianza relativa all’articolo 13 della Convenzione l’eccezione del Governo relativa al mancato esaurimento delle vie di ricorso interne, e la respinge;
  3. Dichiara i ricorsi ricevibili;
  4. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 13 della Convenzione;
  5. Dichiara che vi è stata violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione;
  6. Dichiara che lo Stato convenuto deve versare ai ricorrenti, entro tre mesi a decorrere dalla data in cui la sentenza diverrà definitiva conformemente all’articolo 44 § 2 della Convenzione:
    1. le somme seguenti, per danno morale:
      1. ricorso n. 15566/13: 22.000 EUR (ventiduemila euro),
      2. ricorso n. 4030/14: 11.000 EUR (undicimila euro),
      3. ricorso n. 177336/14: 20.000 EUR (ventimila euro),
      4. ricorso n. 10767/15: 17.000 EUR (diciassettemila euro),
      5. ricorso n. 21564/15: 18.200 EUR (diciottomiladuecento euro);
    2. 3.000 EUR (tremila euro) per le spese del ricorso n. 15566/13;
      e che, a decorrere dalla scadenza di detto termine e fino al versamento, tali importi dovranno essere maggiorati di un interesse semplice ad un tasso equivalente a quello delle operazioni di rifinanziamento marginale della Banca centrale europea applicabile durante quel periodo, aumentato di tre punti percentuali;
  7. Respinge la domanda di equa soddisfazione per il resto.

Fatta in francese, e poi comunicata per iscritto il 28 aprile 2022, in applicazione dell’articolo 77 §§ 2 e 3 del regolamento.

Marko Bošnjak
Presidente

Renata Degener;
Cancelliere

ALLEGATO

 Numero e nome del ricorso/data di presentazione – dettagli sul/sui ricorrente/i Informazioni sul procedimento 
Durata complessivaAutorità giudiziaria(e)(n. R.G.)Inizio e fine del procedimentoRappresentante
15566/13Verrascina c. ItaliaPresentato il 28/01/2013A. VERRASCINA
cittadino italianonato nel 1959
18 anni e 8 mesi per
tre gradi di giudizio
Autorità giudiziaria:Tribunale di Modena(R.G. n. 1755/1997)Inizio del procedimento: 27 giugno 1997Fine del procedimento: 5 agosto 2011 Corte d’appello di Bologna(R.G. n. 410/2012)Inizio del procedimento: 22 febbraio 2012Fine del procedimento: 7 aprile 2014Corte di cassazione(R.G. n. 5877/2015)Inizio del procedimento: 18 febbraio 2015Fine del procedimento: 31 luglio 2017E. PASQUINELLI
 4030/14Chiari c. ItaliaPresentato il 17/03/2014G. CHIARI cittadino italiano nato nel 196111 anni e 4 mesi per due gradi di giudizio Autorità giudiziaria:Tribunale di Napoli(R.G. n. 7816/2003)Inizio del procedimento: 8 luglio 2003Fine del procedimento: 22 gennaio 2010Corte d’appello de Napoli(R.G. n. 3534/2010)Inizio del procedimento: 2 aprile 2010Fine del procedimento: 27 febbraio 2015 C. RIGGIO
17336/14FA.VO. costruzioni e Fabozzi c. ItaliaPresentato il 04/04/2013N. FABOZZI[1] cittadino italiano nato nel 194614 anni e 15 giorni per un grado di giudizio Autorità giudiziaria:Tribunale di S.Maria Capua a Vetere(Fall. n. 8425/2002)Inizio del procedimento: 21 giugno 2002 (sentenza n. 2118/2002)Fine del procedimento: 6 luglio 2016 F. PASQUARIELLO
 10767/15De Blasioc. ItaliaPresentato il 10/02/2015 Z. DE BLASIOcittadino italiano nato nel 193713 anni e 3 mesi per tre gradi di giudizio Autorità giudiziaria:·Tribunale di Benevento(R.G. n. 1577/1989)Inizio del procedimento: 13 settembre 1988Fine del procedimento: 4 settembre 1992Tribunale di Benevento(R.G. n. 1995/1999)Inizio del procedimento: 17 settembre 1999Fine del procedimento: 22 dicembre 2006Tribunale di Benevento(R.G. n. 573/2014)Inizio del procedimento: 17 novembre 2014Fine del procedimento: 30 novembre 2016L. LIBERTI
 21564/15Giardinac. ItaliaPresentato il 04/05/2015S. GIARDINAcittadino italiano nato nel 195224 anni e 2 mesi per due gradi di giudizioAutorità giudiziaria:Tribunale di Mistretta(R.G. n. 41/1991)Inizio del procedimento: 22 febbraio 1991Fine del procedimento: 11 aprile 2012Corte d’appello de Messina(R.G. n. 341/2013)Inizio del procedimento: 31 maggio 2013Fine del procedimento: 18 maggio 2016F. TRIFILO’
 60961/15De Matteoe altri c. ItaliaPresentato il 03/12/2015 F. DE MATTEO
cittadino italiano nato nel 1981
F. DE PIANO
cittadino italiano nato nel 1976

P. DI BLASIO
cittadino italiano nato nel 1977 S. LAMBERTI
cittadino italiano nato nel 1976
P. MASCIULLO
cittadino italiano nato nel 1973

L. MAZZA
cittadino italiano nato nel 1979

S. MINISSALE
cittadino italiano nato nel 1977

A. NADDEO
cittadino italiano nato nel 1978

L. SIVIGLIA
cittadino italiano nato nel 1975A. MAZZARANO
cittadino italiano nato nel 1977 
9 anni e 10 mesi per un grado di giudizioAutorità giudiziaria:Tribunale amministrativo regionale del Lazio(R.G. n. 11441/2006)Inizio del procedimento: 7 dicembre 2006 (istanza urgente di fissazione dell’udienza:25 maggio 2011)Fine del procedimento: 11 ottobre 2016E. CERIO

[1] Il sig. N. Fabozzi è socio accomandatario della società FA.VO. Costruzioni. Il tribunale interno ha dichiarato il fallimento della società e il fallimento personale del ricorrente.